Qualche settimana fa abbiamo parlato di adolescenti e dell’importanza della famiglia nel percorso di crescita. Oggi affronteremo il tema del ruolo che ricopre la famiglia per un adulto, intendendo con il termine “famiglia” la famiglia d’origine (i genitori).
Spesso gli studi demografici hanno descritto una situazione italiana, nella quale i giovani lasciano la casa dei genitori intorno ai 30 anni e oltre, ci parlano di adolescenza lunga e mancanza di autonomia da parte dei giovani.
Sociologi e psicologi hanno cercato di dare spiegazioni a questo fenomeno, che presenta diverse chiavi di lettura.
E’ senz’altro legato a condizioni socio-economiche connesse al mercato del lavoro e a fattori individuali, ma può anche essere ricondotto alla fragilità delle relazioni all’interno della famiglia. Spesso di tratta di famiglie troppo invischiate, nelle quali la sopravvivenza stessa del sistema familiare dipende dall’unione dei suoi membri. Bowen parla di “massa indifferenziata dell’io familiare” per descrivere un identità emotiva conglomerata, una situazione dove i membri sono in un rapporto simbiotico. In famiglie con questo funzionamento l’uscita da casa dei figli può essere vissuta come un vero e proprio tradimento dell’unità familiare e un abbandono del sistema stesso.
Il processo di svincolo dei giovani adulti dal nucleo familiare genitoriale è da inquadrarsi nella coesistenza di due fattori: appartenenza e separazione.
Questi due concetti si riferiscono al processo che consente agli individui di intraprendere una vita autonoma e al tempo stesso non perdere l’importante legame con le proprie radici.
Chiedere ad un individuo di appartenere ad un sistema ed allo stesso tempo di separarsene, può sembrare una contraddizione; ma soltanto se si assumono i due termini come antitetici e mutualmente escludentisi (o appartieni o ti separi). La vita umana non è mai o bianca o nera, è ricca di sfumature di colore, così se li interpretassimo invece, come due poli opposti lungo un continuum, potremmo constatare che esistono dei valori intermedi nei quali si può raggiungere un soddisfacente grado di autonomia pur mantenendo un legame affettivo e relazionale con i genitori.
Si può per esempio decidere di accettare un lavoro ben retribuito e appagante molto lontano da casa, con la consapevolezza che i genitori restino un punto di riferimento stabile e non vari l’investimento affettivo, e con la certezza di poter tornare ogni volta che lo si desideri.
Agli estremi di questa teorizzazione, avremo famiglie rigide nelle quali vige la regola “o come noi o fuori dal sistema”; quindi, da un lato troveremo coloro che per affermare la propria individualità devono abbandonare completamente la famiglia d’origine e dall’altro lato persone che devono aderire completamente e acriticamente ai valori e alle scelte dei genitori per non perdere il loro affetto e conservare l’appartenenza al sistema. Lungo questo continuum, le posizioni più funzionali sono quelle intermedie. Si deve sentire il senso di appartenenza al sistema familiare sapendo di potersene discostare per portare a compimento la propria individualità e il proprio progetto di vita.
L’individuo ha bisogno della certezza di poter scegliere autonomamente (il partner, il lavoro, gli studi, il luogo in cui vivere) sapendo che il legame con i suoi genitori va oltre le scelte e non verrà inficiato da esse.
Essere sé stessi mantenendo salde le radici e i rapporti con la famiglia è una dinamica in continuo adattamento. E’ un processo che richiede l’impegno di tutti i componenti del sistema, necessita di una buona dose di flessibilità e accomodamento. Pensiamo ai vari contesti della vita nei quali per essere soddisfatti e realizzati dobbiamo scontrarci con i dinieghi della famiglia (orientamenti sessuali, scelta del partner, scelta del lavoro o del luogo in cui vivere).
Famiglie: risorsa o vincolo?
La famiglia è senz’altro entrambe le cose. E’ una risorsa preziosa, non soltanto per i bambini, ma anche per gli adulti. Rappresenta sovente, una risorsa pratica nella quotidianità, per ciò che concerne il sostegno (economico, emotivo, di gestione dei nipoti) e sia psicologica (fornisce un porto sicuro in cui approdare in caso di difficoltà; costituisce una presenza affidabile, un pilastro a cui appoggiarsi). Non meno importante è il significato simbolico della famiglia come continuità dell’esistenza umana e della stirpe. Fornisce inoltre la sicurezza dell’appartenenza ad un sistema con un forte legame emotivo.
Al tempo stesso però può rappresentare un vincolo per la realizzazione individuale. A volte la famiglia attribuisce al singolo membro un carico di responsabilità che diventa un vero e proprio nodo, che si fa fatica a sciogliere, soprattutto perché ciò avviene fuori del livello di coscienza (fa parte dei meccanismi inconsci) e ciò comporta l’impossibilità di verbalizzare ed elaborare.
Durante il percorso di crescita l’individuo costruisce una visione del mondo che ha origine proprio dalla famiglia. Il bambino vede il mondo attraverso la lente dei miti e dei mandati familiari con cui entra in contatto. Impara, sin dall’infanzia, che la famiglia ripone tante aspettative su di lui e, cerca (per quanto possibile) di soddisfarle. Le scelte di vita, talvolta rispondono al bisogno di soddisfare le aspettative dei genitori. Questo può avviene in modo automatico e inconsapevole, diventa un comportamento interiorizzato, che va oltre la richiesta esplicita della famiglia. Si può verificare anche in assenza della persona fisica (dopo la morte di un genitore, si può continuare una vita che non soddisfa, soltanto per il senso di colpa causato dall’idea di disattendere il mandato familiare).
Si può uscire da questa morsa vi vincoli e mandati familiari attraverso la consapevolezza, la conoscenza e la comprensione dei vissuti familiari, non solo dei propri genitori, ma anche delle generazioni precedenti. In questo modo, si riesce a portare alla luce quel tesoro sommerso di informazioni che consentono di riflettere, di capire da dove hanno origine certi comportamenti e apportare i cambiamenti desiderati per raggiungere un soddisfacente stato di autonomia.
I terapeuti familiari padroneggiano diverse tecniche per esplorare questa dimensione, tra cui il Genogramma. Principalmente usato in terapia familiare, il genogramma si è rivelato essere molto utile anche in ambito preventivo e di esplorazione delle relazioni.
Per darne una definizione sintetica, si potrebbe dire che consiste nella ricostruzione narrativa (e/o fotografica) del proprio albero genealogico. In virtù dell’importanza ricoperta da questo strumento nella pratica clinica, a breve, proporremo, al Lab Famiglie, un seminario per coloro che fossero interessati a conoscere il Genogramma e la sua funzione terapeutica nell’ambito clinico e preventiva in quello gruppale.
Bibliografia
- M. Bowen, Dalla famiglia all’individuo, 1979, Astrolabio, Roma
- S.Minuchin, Famiglie e terapia della famiglia, 1976, Astrolabio, Roma
- S. Montàgano, A. Pazzagli, Il genogramma, 2000, Franco Angeli, Milano
5331total visits,2visits today