La coppia

Come consuetudine, ogni settimana propongo un articolo di approfondimento dell’argomento trattato su Radio Luna Carbonia durante il programma Magazine on tour condotto da Fabio Bellia. La settimana scorsa abbiamo parlato di legami affettivi e questa settimana, per restare sul tema abbiamo parlato della coppia, un legame affettivo particolare e importante nella vita adulta e nella costruzione della famiglia. Ovviamente l’argomento è vasto e non sarebbe sufficiente un’ora per affrontarlo dettagliatamente. Mi limiterò a far chiarezza su qualche aspetto e rispondere alle domande più frequenti.

Le caratteristiche che distinguono la coppia dagli altri legami affettivi

La coppia è il frutto di una scelta tra due individui (a differenza del legame genitoriale, per esempio), ma solo questo aspetto non sarebbe sufficiente a dargli una connotazione precisa. Anche l’amicizia è basata sulla scelta.

Amore e complicità

Il legame amoroso è caratterizzato da componenti sessuali (che lo differenziano dall’amicizia), ma anche questo non sarebbe sufficiente a differenziarlo da altri tipi di legame, infatti potrebbero esistere legami sessuali al di fuori della coppia.

Ciò che rende la coppia speciale rispetto agli altri legami è la progettualità di una vita insieme e la creazione di una dimensione relazionale nella quale i protagonisti possano esistere sia come individualità che come parte di un Noi, di una unità speciale e irripetibile.

Comunicazione – Relazione

La comunicazione è relazione. Nella coppia, come in qualsiasi altra relazione la comunicazione è indispensabile. Nelle coppie, sovente, arriva il momento in cui si smette di parlare. Per una serie di motivi (l’abitudine, la noia, la paura di non essere compresi), ci si chiude in sé stessi e si continua la vita a due senza scambiarsi veramente informazioni su di sé e sui propri stati d’animo.

Ma non pensiamo alla comunicazione solo come scambio verbale. Il primo assioma della comunicazione dice “E’ impossibile non comunicare”, ogni nostro comportamento manda un messaggio. Perciò dobbiamo essere consapevoli che anche il nostro corpo comunica.

Proprio nella relazione di coppia è importantissimo comprendere il linguaggio del corpo e saperlo utilizzare per dialogare col partner a livello non verbale, senza le parole.

A volte gli sguardi, le carezze, i gesti comunicano più di tante parole!

Spesso la relazione di coppia è intaccata dalla gelosia. Cos’è e come possiamo affrontarla?

Gelosia

La gelosia è un sentimento provocato dalla paura, dal sospetto o dalla certezza di perdere la persona amata per causa di altri. Essa può avere diverse gradazioni e nasce dal senso di inferiorità e dalla scarsa autostima. Il geloso in fondo, pensa di non essere all’altezza della relazione e vede in chi circonda la coppia una possibile minaccia alla loro unione. Chi prova gelosia, crederà sempre che qualcuno migliore conquisterà il suo partner.

Chi prova la gelosia di solito attribuisce all’altro le cause. Sostiene di essere geloso perché il partner gliene da modo. Un primo passo per affrontare la gelosia è rendersi conto che appartiene soltanto a chi la prova e che bisogna guardare dentro sé stessi per trovare le soluzioni. Credere nel proprio valore e nelle proprie qualità.

Spesso le coppie lamentano difficoltà nella relazione dopo la nascita dei figli. Quali sono le cause e come si può rimediare?

Sono tante le coppie che dopo la nascita di un figlio lamentano di aver perso la dimensione di coppia, l’intimità.

La coppia coniugale, con la nascita di un bambino entra in una nuova fase, quella di coppia genitoriale. Questo nuovo ruolo richiede un rapporto di collaborazione e solidarietà. Mentre, quando si era in due, le relazioni ruotavano attorno alla sfera romantico-erotica e amicale, con i figli, l’investimento di energie si sposta sul piano della responsabilità genitoriale. La difficoltà consiste nel trovare un equilibrio tra queste due modalità di essere coppia. Spesso infatti, presi dal ruolo genitoriale, i bisogni della coppia passano in secondo piano rispetto ai compiti genitoriali.

Sarebbe importante che le coppie riuscissero a ritagliarsi un po’ di tempo per stare insieme e che conservassero degli spazi intimi.

I conflitti logorano le relazioni?

Contrariamente a ciò che si può pensare, non è il conflitto in sé ad intaccare il legame, ma il modo in cui lo si fa.

Il conflitto può essere costruttivo e rappresenta una spinta verso il cambiamento. Nelle coppie per esempio, può essere utile per superare situazioni di stallo o portare la relazione a livelli superiori chiarendo reciproci bisogni e aspettative.

Un conflitto è costruttivo quando si discute di un problema senza attaccare la persona o la relazione, è limitato nel tempo (ha un inizio e una fine) ed è finalizzato allo scambio di idee o al raggiungimento di una soluzione.

Diventa distruttivo invece quando gli attacchi sono rivolti alla persona, si protrae nel tempo senza vedere una via d’uscita, si basa sulla prevaricazione dell’altro e non sullo scambio di idee.

Nella coppia questo potenziale distruttivo si concretizza nel criticare in modo generalizzato, nel mettersi sulla difensiva e attaccare con atteggiamenti di accusa e rimprovero, ma anche nel mostrare indifferenza verso le critiche dell’altro.

Con queste brevi risposte, ho cercato di entrare in punta di piedi in un argomento vastissimo e dalle mille sfaccettature, che mi riservo di approfondire in seguito, magari rispondendo a vostre richieste specifiche.

Bibliografia

  • C. Loriedo, A. Picardi – Dalla teoria generale dei sistemi alla teoria dell’attaccamento, 2000, Ed. Franco Angeli
  • F. Monguzzi – La coppia come paziente, 2006, Ed. Franco Angeli
  • P. Caillé – Uno e uno fanno tre, 2007, Armando Editore

La famiglia nella vita dell’adulto

Qualche settimana fa abbiamo parlato di adolescenti e dell’importanza della famiglia nel percorso di crescita. Oggi affronteremo il tema del ruolo che ricopre la famiglia per un adulto, intendendo con il termine “famiglia” la famiglia d’origine (i genitori).

Spesso gli studi demografici hanno descritto una situazione italiana, nella quale i giovani lasciano la casa dei genitori intorno ai 30 anni e oltre, ci parlano di adolescenza lunga e mancanza di autonomia da parte dei giovani.
Sociologi e psicologi hanno cercato di dare spiegazioni a questo fenomeno, che presenta diverse chiavi di lettura.

E’ senz’altro legato a condizioni socio-economiche connesse al mercato del lavoro e a fattori individuali, ma può anche essere ricondotto alla fragilità delle relazioni all’interno della famiglia. Spesso di tratta di famiglie troppo invischiate, nelle quali la sopravvivenza stessa del sistema familiare dipende dall’unione dei suoi membri. Bowen parla di “massa indifferenziata dell’io familiare” per descrivere un identità emotiva conglomerata, una situazione dove i membri sono in un rapporto simbiotico. In famiglie con questo funzionamento l’uscita da casa dei figli può essere vissuta come un vero e proprio tradimento dell’unità familiare e un abbandono del sistema stesso.

Il processo di svincolo dei giovani adulti dal nucleo familiare genitoriale è da inquadrarsi nella coesistenza di due fattori: appartenenza e separazione.

Questi due concetti si riferiscono al processo che consente agli individui di intraprendere una vita autonoma e al tempo stesso non perdere l’importante legame con le proprie radici.

Equilibrio

Chiedere ad un individuo di appartenere ad un sistema ed allo stesso tempo di separarsene, può sembrare una contraddizione; ma soltanto se si assumono i due termini come antitetici e mutualmente escludentisi (o appartieni o ti separi). La vita umana non è mai o bianca o nera, è ricca di sfumature di colore, così se li interpretassimo invece, come due poli opposti lungo un continuum, potremmo constatare che esistono dei valori intermedi nei quali si può raggiungere un soddisfacente grado di autonomia pur mantenendo un legame affettivo e relazionale con i genitori.

Si può per esempio decidere di accettare un lavoro ben retribuito e appagante molto lontano da casa, con la consapevolezza che i genitori restino un punto di riferimento stabile e non vari l’investimento affettivo, e con la certezza di poter tornare ogni volta che lo si desideri.

Agli estremi di questa teorizzazione, avremo famiglie rigide nelle quali vige la regola “o come noi o fuori dal sistema”; quindi, da un lato troveremo coloro che per affermare la propria individualità devono abbandonare completamente la famiglia d’origine e dall’altro lato persone che devono aderire completamente e acriticamente ai valori e alle scelte dei genitori per non perdere il loro affetto e conservare l’appartenenza al sistema. Lungo questo continuum, le posizioni più funzionali sono quelle intermedie. Si deve sentire il senso di appartenenza al sistema familiare sapendo di potersene discostare per portare a compimento la propria individualità e il proprio progetto di vita.

L’individuo ha bisogno della certezza di poter scegliere autonomamente (il partner, il lavoro, gli studi, il luogo in cui vivere) sapendo che il legame con i suoi genitori va oltre le scelte e non verrà inficiato da esse.

Essere sé stessi mantenendo salde le radici e i rapporti con la famiglia è una dinamica in continuo adattamento. E’ un processo che richiede l’impegno di tutti i componenti del sistema, necessita di una buona dose di flessibilità e accomodamento. Pensiamo ai vari contesti della vita nei quali per essere soddisfatti e realizzati dobbiamo scontrarci con i dinieghi della famiglia (orientamenti sessuali, scelta del partner, scelta del lavoro o del luogo in cui vivere).

Famiglie: risorsa o vincolo?

La famiglia è senz’altro entrambe le cose. E’ una risorsa preziosa, non soltanto per i bambini, ma anche per gli adulti. Rappresenta sovente, una risorsa pratica nella quotidianità, per ciò che concerne il sostegno (economico, emotivo, di gestione dei nipoti) e sia psicologica (fornisce un porto sicuro in cui approdare in caso di difficoltà; costituisce una presenza affidabile, un pilastro a cui appoggiarsi). Non meno importante è il significato simbolico della famiglia come continuità dell’esistenza umana e della stirpe. Fornisce inoltre la sicurezza dell’appartenenza ad un sistema con un forte legame emotivo.

Al tempo stesso però può rappresentare un vincolo per la realizzazione individuale. A volte la famiglia attribuisce al singolo membro un carico di responsabilità che diventa un vero e proprio nodo, che si fa fatica a sciogliere, soprattutto perché ciò avviene fuori del livello di coscienza (fa parte dei meccanismi inconsci) e ciò comporta l’impossibilità di verbalizzare ed elaborare.

Durante il percorso di crescita l’individuo costruisce una visione del mondo che ha origine proprio dalla famiglia. Il bambino vede il mondo attraverso la lente dei miti e dei mandati familiari con cui entra in contatto. Impara, sin dall’infanzia, che la famiglia ripone tante aspettative su di lui e, cerca (per quanto possibile) di soddisfarle. Le scelte di vita, talvolta rispondono al bisogno di soddisfare le aspettative dei genitori. Questo può avviene in modo automatico e inconsapevole, diventa un comportamento interiorizzato, che va oltre la richiesta esplicita della famiglia. Si può verificare anche in assenza della persona fisica (dopo la morte di un genitore, si può continuare una vita che non soddisfa, soltanto per il senso di colpa causato dall’idea di disattendere il mandato familiare).

Si può uscire da questa morsa vi vincoli e mandati familiari attraverso la consapevolezza, la conoscenza e la comprensione dei vissuti familiari, non solo dei propri genitori, ma anche delle generazioni precedenti. In questo modo, si riesce a portare alla luce quel tesoro sommerso di informazioni che consentono di riflettere, di capire da dove hanno origine certi comportamenti e apportare i cambiamenti desiderati per raggiungere un soddisfacente stato di autonomia.

Albero genealogico

I terapeuti familiari padroneggiano diverse tecniche per esplorare questa dimensione, tra cui il Genogramma. Principalmente usato in terapia familiare, il genogramma si è rivelato essere molto utile anche in ambito preventivo e di esplorazione delle relazioni.

Per darne una definizione sintetica, si potrebbe dire che consiste nella ricostruzione narrativa (e/o fotografica) del proprio albero genealogico. In virtù dell’importanza ricoperta da questo strumento nella pratica clinica, a breve, proporremo, al Lab Famiglie, un seminario per coloro che fossero interessati a conoscere il Genogramma e la sua funzione terapeutica nell’ambito clinico e preventiva in quello gruppale.

Bibliografia

  • M. Bowen, Dalla famiglia all’individuo, 1979, Astrolabio, Roma
  • S.Minuchin, Famiglie e terapia della famiglia, 1976, Astrolabio, Roma
  • S. Montàgano, A. Pazzagli, Il genogramma, 2000, Franco Angeli, Milano

Adolescenza e famiglia

L’adolescenza è il periodo che va dall’infanzia all’età adulta. E’ un periodo di profondi cambiamenti (fisici, dei processi cognitivi e delle modalità relazionali). Il cambiamento, anche quando è fisiologico, rappresenta per l’individuo un momento di crisi. L’intera struttura si deve riorganizzare. La crisi nell’adolescenza perciò è fisiologica e fa parte del percorso di crescita. Il malessere può coinvolgere una o più aree della vita: il rapporto col corpo che cambia, le modifiche nelle modalità di relazione coi pari, con gli adulti (e soprattutto con i genitori). In linea di massima, per elencarle (ovviamente non in modo esaustivo) potremmo citare:

  • l’autostima. Una bassa autostima può far vacillare il senso del proprio valore personale in diversi ambiti (sociale, scolastico, familiare, corporeo);
  • percezione del sé corporeo. E’ correlata all’autostima e riguarda sia gli aspetti legati all’immagine corporea che alle capacità, cioè l’adolescente può provare disagio riguardo alle trasformazioni che il proprio corpo subisce con l’avvento della pubertà e della maturazione sessuale (es. pregi e/o difetti estetici), sia riguardo alle prestazioni che il proprio corpo riesce ad eseguire (es. nelle performance atletiche e/o artistiche);
  • relazionali sociali. Per ciò che riguarda lo sviluppo delle competenze sociali, l’adolescente può sperimentare un’incapacità di relazionarsi coi pari che può portare o alla chiusura e all’isolamento o di contro all’omologazione acritica al gruppo cui si è scelto di appartenere e che funge da modello;
  • relazioni familiari. L’adolescente prova una fisiologica spinta verso la differenziazione dal proprio sistema familiare legate all’individuazione e allo sviluppo dell’autonomia. Spesso questo coglie i genitori impreparati alla gestione di queste nuove dinamiche relazionali e li rende insicuri nel proprio ruolo di educatori.

In questo periodo il giovane inizia a sviluppare un progetto etico di vita (è il periodo dei grandi ideali e valori!) e la famiglia ha un ruolo importante nel percorso di crescita e affermazione dell’adolescente. I genitori devono fornire un modello positivo a cui i figli possono aderire o meno.

La responsabilità genitoriale più grande consiste nel preparare i figli all’autonomia. In questo periodo si passa dall’autorità (basata su premi e punizioni) all’educazione fondata sulla responsabilità.

I genitori in questo momento devono essere pronti ad esporsi al confronto sulle motivazioni che sorreggono le loro proposte o i loro divieti. Quando i genitori vietano qualcosa ai figli non possono nascondersi dietro la frase “perché te lo dice tuo padre/madre”, ma argomentare e spiegare le motivazioni. Questo aiuta i ragazzi a rafforzare il senso di autostima e di responsabilità.

Questa modifica dello stile educativo e l’apparente perdita di autorità sui figli, può rendere insicuri i genitori e spingerli in due direzioni opposte. In alcuni casi, la rinuncia al progetto educativo e la difficoltà di gestire il confronto/scontro con l’atteggiamento oppositivo dei ragazzi, conduce i genitori verso uno spostamento sullo stesso piano gerarchico dei figli. Quindi si opta per l’instaurazione di un rapporto amicale. In altri casi, la paura della perdita di potere sui figli può spingere i genitori ad un inasprimento delle regole, ad un atteggiamento di maggiore rigidità educativa con la conseguente creazione di una barriera comunicativa tra le due generazioni.

Gerarchie

La famiglia è un sistema con un’organizzazione gerarchica; proprio l’esistenza di queste gerarchie ne garantisce il funzionamento. Nonni, genitori e figli fanno parte di piani gerarchici differenti, ciascuno con i propri ruoli e i propri compiti di sviluppo. L’ importante elemento che determina il funzionamento del sistema familiare sono i confini tra i sottosistemi. La loro funzione è quella di proteggere la differenziazione e riguarda il passaggio di informazioni tra un sottosistema e l’altro. Un errore frequente in cui incappano alcuni genitori di adolescenti è infatti quello di scambiare con i figli informazioni riguardanti la sfera coniugale, nella convinzione che ormai siano grandi ed in grado di comprendere. Con tale azione si crea una confusione gerarchica nella quale il figlio compie un salto nel sottosistema genitoriale o il genitore sconfina nel sottosistema filiale, in entrambi i casi, i soggetti ricoprono ruoli che non gli competono ed entrano in contatto con informazioni non pertinenti.

Flessibilità

Per una crescita funzionale, in una famiglia devono esistere regole chiare, ruoli e limiti definiti, ma la parola chiave è flessibilità. Deve esistere un certo grado di permeabilità dei confini e flessibilità dei ruoli, ci si deve muovere all’interno di un continuum tra queste polarità adattando i comportamenti allo stile di funzionamento del sistema familiare, alle naturali inclinazioni dei membri ed alle differenze individuali.

In quest’ottica, la famiglia deve garantire l’appartenenza dei membri fornendo una base sicura da cui partire per “l’esplorazione del mondo” e al tempo stesso consentire la separazione. L’adolescente deve provare il sentimento di appartenenza e al tempo stesso la spinta verso l’individuazione da quel gruppo. Il processo evolutivo si dipana proprio nell’equilibrio tra appartenenza e separazione. Il giovane figlio sente di far parte del sistema familiare ma vive anche la pulsione verso l’esterno, verso il gruppo dei pari, con cui sente di condividere valori e ideali. Il sistema familiare deve affrontare il difficile processo di modifica dei legami interni al sistema e di articolazione con gli altri sistemi sociali.

Interventi possibili

Lavorare con gli adolescenti e con le loro famiglie è un obiettivo del Lab famiglie. Stiamo lavorando sulla progettazione di un percorso laboratoriale per fornire un supporto concreto ai ragazzi ed ai genitori che si trovano ad affrontare questa fase di cambiamento. La finalità è quella di prevenire il disagio e di facilitare l’espressione delle emozioni e la relazione coi pari e con la famiglia.

Psicodramma

Il progetto si esplicherà in una decina di incontri, alcuni di essi solo per gruppi di ragazzi, altri nei quali ci sarà un confronto con i genitori. Gli incontri saranno in forma di laboratorio espressivo, nei quali verranno utilizzate diverse metodologie (tra cui tecniche relazionali, psicodrammatiche, corporee e artiterapie). Le tematiche generali su cui saranno improntati gli interventi riguarderanno il corpo, le emozioni e le relazioni. Questo percorso verrà presentato nel dettaglio a breve durante un seminario gratuito nella sede del Lab famiglie, in data da destinarsi.

Bibliografia

  • S. Minuchin – Famiglie e terapia della famiglia, 1976, Astrolabio
  • A. Pope, S. McHale, E. Craighead – Migliorare l’autostima, 1995, Ed. Centro Studi Erickson
  • G. Maiolo, G. Franchini – Dalla parte degli adolescenti, 2004, Ed. Centro Studi Erickson
  • C. Loriedo, A. Picardi – Dalla teoria generale dei sistemi alla teoria dell’attaccamento, 2000, Ed. Franco Angeli

Inaugurazione

Condivido con piacere qualche riflessione sull’inaugurazione.

E’ stato emozionante vedere familiari, amici e persone appena conosciute avvicinarsi con curiosità ed interesse allo Studio. Ringrazio loro e voi che state leggendo, soprattutto per avermi dato modo di spiegare  che cos’è Lab famiglie. Lab famiglie, per me, sin da quando era solo un lontano progetto professionale, ha rappresentato qualcosa di diverso dal classico studio di psicologia. L’ho immaginato come una spa del benessere psicologico e familiare. La sua finalità principale è il benessere globale della persona. Di solito, siamo abituati a rivolgerci allo psicologo quando avvertiamo un problema o un disagio. Lab famiglie invece, propone attività con finalità di prevenzione e rivolte a tutti, non solo a chi sente di avere un bisogno particolare. Infatti, mi auspico che Lab famiglie possa diventare un luogo accogliente dove potersi incontrare, confrontare e sperimentare; “un laboratorio permanente” nel quale le persone possano sperimentare sé stesse in modi differenti, e sé stesse in relazione con gli altri, con l’obiettivo di favorire percorsi di consapevolezza di sé, dell’altro e delle relazioni.

Il motto che accompagna le proposte dello Studio è “dallo psicologo per fare” e per “fare insieme”. Infatti, le attività sono di tipo laboratoriale: gruppi di persone che lavorano insieme per il raggiungimento di obiettivi di sviluppo. I laboratori sono rivolti alle famiglie con figli, alle coppie ed ai singoli individui.

Durante l’anno, ci si concentrerà su diversi argomenti: promozione di stili di vita sani, rapporto col proprio corpo, il contatto con le proprie emozioni, il potenziamento dell’alleanza familiare.

E vorrei soffermarmi un attimo proprio su due concetti sopra citati: corpo e relazione. Perché alla base della nostra vita c’è la relazione tra esseri umani. La relazione implica l’utilizzo del corpo. Noi comunichiamo col corpo. Spesso in modo inconsapevole ma col corpo, scambiamo quotidianamente messaggi a vari livelli, attraverso la postura, la voce e il tatto. E attraverso il corpo veicoliamo emozioni, stati d’animo, sentimenti ed è proprio il corpo che talvolta, quando proviamo disagio, manifesta la sofferenza (per esempio nei disturbi psicosomatici). Quindi, questi due elementi importanti per il benessere, corpo e relazione, fungeranno da comune denominatore per i laboratori. E proprio pensando al corpo che comunica, al corpo in movimento, che ho concluso il breve discorso di presentazione, lasciando spazio ad una danza tribale interpretata dalle bravissime ballerine Alice e Benedetta. La loro danza è stata evocativa di emozioni ed ha coinvolto tutti, soprattutto i bambini, che ancora svincolati dalle inibizioni (degli adulti) sono riusciti a farsi trascinare nel dialogo corporeo. 

Alice e Benedetta della palestra Zen & Fit