Di che colore è…

Oggi voglio spendere qualche parola sul week end appena trascorso. Un week end molto colorato e carico di emozioni!

A Carbonia sabato 22 e domenica 23 si è svolta per la prima volta i-NOVAS, la Fiera dell’Innovazione, un evento ricco di workshop, seminari e stand dove poter entrare in contatto con l’affascinante mondo dell’innovazione tecnologica.

Quest’evento è stato accompagnato da intrattenimenti musicali, dall’immancabile area food e dallo spazio bimbi, un’area interamente dedicata ai più piccoli e alle famiglie.

Working progress

E’ proprio in questo spazio che si è inserito anche il Lab famiglie. Per la prima volta ci siamo confrontati con realtà ben note e radicate nel territorio nel settore dell’animazione e dei Servizi all’infanzia. Per noi è stata una bellissima esperienza e siamo stati arricchiti dall’incontro con le persone e soprattutto con i bambini. Il nostro stand era all’insegna del colore e il titolo è stato di che colore è…

Attraverso la scelta e l’utilizzo dei colori, ciascuno di noi esprime, talvolta anche in modo inconsapevole i propri stati d’animo, le proprie emozioni e perché no, anche le relazioni.

Nella prima giornata abbiamo proposto diversi laboratori, tutti coloratissimi.

In divenire…

Abbiamo posizionato sul fondo del gazebo un grande lenzuolo bianco con scritto: Di che colore è… questa giornata e abbiamo invitato i bambini a dipingerne una parte. Abbiamo messo a disposizione tempere, acquarelli e colori a dito (per accontentare anche i più piccini).

Il dipinto

Poi abbiamo realizzato due cornici: una portava la scritta Di che colore è… la mia famiglia e serviva per inserirvi un ritratto di famiglia, appositamente disegnato in un’area predisposta con tavoli, sedie, fogli e colori, tanti colori!); l’altra si intitolava Di che colore è… il mio umore e fungeva da cornice per il viso del bambino (che veniva colorato, attraverso la tecnica del body paint, del colore del proprio umore in quel momento) che veniva immortalato dal genitore attraverso uno scatto fotografico. Per aiutare i bambini nella scelta, sono stati messi a disposizione libri per l’infanzia che mostrano l’associazione dei colori alle emozioni).

Ritratto di famiglia
I colori delle mie emozioni

Durante la seconda parte dell’evento, accanto ai laboratori del giorno prima abbiamo allestito un’area relax con tappeti e teli sul terreno, nei quali i bambini (ma anche i genitori) potevano sedersi o sdraiarsi e colorare i mandala (o disegnare liberamente) in totale comodità.

A completare le proposte del Lab famiglie, io e la collega Monica, abbiamo indossato una maglia bianca con la scritta Di che colore è… questa amicizia e abbiamo chiesto ai bambini di lasciarci con i pennarelli colorati un ricordo di questo incontro.

E’ stata davvero un’esperienza emozionante, soprattutto per noi adulti. Constato spesso e con rammarico che da adulti, si perde la capacità di vivere i colori, di giocare e di incontrarsi (in un contatto fisico) con l’altro. Sopraffatti da stereotipi e pregiudizi, sovente siamo restii a consentire al prossimo di entrare nel nostro spazio intimo e addirittura toccarci, con il solo obiettivo di conoscerci ed entrare in relazione. Far colorare le nostre maglie addosso, aveva varie valenze: volevamo spezzare la rigidità degli schemi comportamentali, creare un contatto, anche con la prossimità fisica e stabilire una relazione basata sulla fiducia e la complicità.

Il colore dell’amicizia a fine serata

Tirando le somme, possiamo ritenerci soddisfatte del risultato. Credo che gli obiettivi siano stati raggiunti e come tutte le esperienze che proponiamo, siano state un momento di crescita, non soltanto per i partecipanti ma soprattutto per noi!

Adolescenza e famiglia

L’adolescenza è il periodo che va dall’infanzia all’età adulta. E’ un periodo di profondi cambiamenti (fisici, dei processi cognitivi e delle modalità relazionali). Il cambiamento, anche quando è fisiologico, rappresenta per l’individuo un momento di crisi. L’intera struttura si deve riorganizzare. La crisi nell’adolescenza perciò è fisiologica e fa parte del percorso di crescita. Il malessere può coinvolgere una o più aree della vita: il rapporto col corpo che cambia, le modifiche nelle modalità di relazione coi pari, con gli adulti (e soprattutto con i genitori). In linea di massima, per elencarle (ovviamente non in modo esaustivo) potremmo citare:

  • l’autostima. Una bassa autostima può far vacillare il senso del proprio valore personale in diversi ambiti (sociale, scolastico, familiare, corporeo);
  • percezione del sé corporeo. E’ correlata all’autostima e riguarda sia gli aspetti legati all’immagine corporea che alle capacità, cioè l’adolescente può provare disagio riguardo alle trasformazioni che il proprio corpo subisce con l’avvento della pubertà e della maturazione sessuale (es. pregi e/o difetti estetici), sia riguardo alle prestazioni che il proprio corpo riesce ad eseguire (es. nelle performance atletiche e/o artistiche);
  • relazionali sociali. Per ciò che riguarda lo sviluppo delle competenze sociali, l’adolescente può sperimentare un’incapacità di relazionarsi coi pari che può portare o alla chiusura e all’isolamento o di contro all’omologazione acritica al gruppo cui si è scelto di appartenere e che funge da modello;
  • relazioni familiari. L’adolescente prova una fisiologica spinta verso la differenziazione dal proprio sistema familiare legate all’individuazione e allo sviluppo dell’autonomia. Spesso questo coglie i genitori impreparati alla gestione di queste nuove dinamiche relazionali e li rende insicuri nel proprio ruolo di educatori.

In questo periodo il giovane inizia a sviluppare un progetto etico di vita (è il periodo dei grandi ideali e valori!) e la famiglia ha un ruolo importante nel percorso di crescita e affermazione dell’adolescente. I genitori devono fornire un modello positivo a cui i figli possono aderire o meno.

La responsabilità genitoriale più grande consiste nel preparare i figli all’autonomia. In questo periodo si passa dall’autorità (basata su premi e punizioni) all’educazione fondata sulla responsabilità.

I genitori in questo momento devono essere pronti ad esporsi al confronto sulle motivazioni che sorreggono le loro proposte o i loro divieti. Quando i genitori vietano qualcosa ai figli non possono nascondersi dietro la frase “perché te lo dice tuo padre/madre”, ma argomentare e spiegare le motivazioni. Questo aiuta i ragazzi a rafforzare il senso di autostima e di responsabilità.

Questa modifica dello stile educativo e l’apparente perdita di autorità sui figli, può rendere insicuri i genitori e spingerli in due direzioni opposte. In alcuni casi, la rinuncia al progetto educativo e la difficoltà di gestire il confronto/scontro con l’atteggiamento oppositivo dei ragazzi, conduce i genitori verso uno spostamento sullo stesso piano gerarchico dei figli. Quindi si opta per l’instaurazione di un rapporto amicale. In altri casi, la paura della perdita di potere sui figli può spingere i genitori ad un inasprimento delle regole, ad un atteggiamento di maggiore rigidità educativa con la conseguente creazione di una barriera comunicativa tra le due generazioni.

Gerarchie

La famiglia è un sistema con un’organizzazione gerarchica; proprio l’esistenza di queste gerarchie ne garantisce il funzionamento. Nonni, genitori e figli fanno parte di piani gerarchici differenti, ciascuno con i propri ruoli e i propri compiti di sviluppo. L’ importante elemento che determina il funzionamento del sistema familiare sono i confini tra i sottosistemi. La loro funzione è quella di proteggere la differenziazione e riguarda il passaggio di informazioni tra un sottosistema e l’altro. Un errore frequente in cui incappano alcuni genitori di adolescenti è infatti quello di scambiare con i figli informazioni riguardanti la sfera coniugale, nella convinzione che ormai siano grandi ed in grado di comprendere. Con tale azione si crea una confusione gerarchica nella quale il figlio compie un salto nel sottosistema genitoriale o il genitore sconfina nel sottosistema filiale, in entrambi i casi, i soggetti ricoprono ruoli che non gli competono ed entrano in contatto con informazioni non pertinenti.

Flessibilità

Per una crescita funzionale, in una famiglia devono esistere regole chiare, ruoli e limiti definiti, ma la parola chiave è flessibilità. Deve esistere un certo grado di permeabilità dei confini e flessibilità dei ruoli, ci si deve muovere all’interno di un continuum tra queste polarità adattando i comportamenti allo stile di funzionamento del sistema familiare, alle naturali inclinazioni dei membri ed alle differenze individuali.

In quest’ottica, la famiglia deve garantire l’appartenenza dei membri fornendo una base sicura da cui partire per “l’esplorazione del mondo” e al tempo stesso consentire la separazione. L’adolescente deve provare il sentimento di appartenenza e al tempo stesso la spinta verso l’individuazione da quel gruppo. Il processo evolutivo si dipana proprio nell’equilibrio tra appartenenza e separazione. Il giovane figlio sente di far parte del sistema familiare ma vive anche la pulsione verso l’esterno, verso il gruppo dei pari, con cui sente di condividere valori e ideali. Il sistema familiare deve affrontare il difficile processo di modifica dei legami interni al sistema e di articolazione con gli altri sistemi sociali.

Interventi possibili

Lavorare con gli adolescenti e con le loro famiglie è un obiettivo del Lab famiglie. Stiamo lavorando sulla progettazione di un percorso laboratoriale per fornire un supporto concreto ai ragazzi ed ai genitori che si trovano ad affrontare questa fase di cambiamento. La finalità è quella di prevenire il disagio e di facilitare l’espressione delle emozioni e la relazione coi pari e con la famiglia.

Psicodramma

Il progetto si esplicherà in una decina di incontri, alcuni di essi solo per gruppi di ragazzi, altri nei quali ci sarà un confronto con i genitori. Gli incontri saranno in forma di laboratorio espressivo, nei quali verranno utilizzate diverse metodologie (tra cui tecniche relazionali, psicodrammatiche, corporee e artiterapie). Le tematiche generali su cui saranno improntati gli interventi riguarderanno il corpo, le emozioni e le relazioni. Questo percorso verrà presentato nel dettaglio a breve durante un seminario gratuito nella sede del Lab famiglie, in data da destinarsi.

Bibliografia

  • S. Minuchin – Famiglie e terapia della famiglia, 1976, Astrolabio
  • A. Pope, S. McHale, E. Craighead – Migliorare l’autostima, 1995, Ed. Centro Studi Erickson
  • G. Maiolo, G. Franchini – Dalla parte degli adolescenti, 2004, Ed. Centro Studi Erickson
  • C. Loriedo, A. Picardi – Dalla teoria generale dei sistemi alla teoria dell’attaccamento, 2000, Ed. Franco Angeli

Riprendiamoci l’arcobaleno!

Oggi voglio affrontare un argomento che mi sta molto a cuore: gli stereotipi. Da poco si è festeggiata la ricorrenza della Festa della Donna, sulla cui origine ci sarebbero diverse teorie. La più diffusa in Italia, farebbe risalire la nascita di questa celebrazione ad un episodio di cronaca avvenuto nella seconda metà del 1800; l’incendio di una fabbrica, nel quale morirono centinaia di operaie costrette all’interno da un padrone despota e autoritario.

Quale sia la vera origine, e quale sia la vostra posizione in merito, vorrei partire da questo spunto per parlarvi di stereotipi, e nello specifico stereotipi di genere.

Cos’è uno stereotipo?

Se non abbiamo le idee chiare sull’argomento potremmo cercare nel dizionario.

Il dizionario ci suggerirebbe che con stereotipo si intende un modello convenzionale di atteggiamento o opinione precostituita, generalizzata e semplicistica, che si ripete in forma meccanica e non si fonda sulla valutazione dei singoli casi.

Io la definirei una scorciatoia del pensiero. Ci allevia dalla fatica di elaborare tutta una serie di informazioni che dovremmo acquisire nell’incontro con una persona nuova. Per usare un’analogia con l’informatica, lo stereotipo è per la mente la modalità “risparmio energetico”.

Immaginiamo il nostro cervello come un computer che deve elaborare informazioni che provengono dall’esterno, come un data base suddiviso in tante caselle. Ogni casella corrisponde ad una categoria. Le categorie sono numerose e vengono create per inserire tutto ciò con cui entriamo in contatto. Ad ogni categoria attribuiamo delle caratteristiche che supponiamo il soggetto debba avere. Per esempio, quando incontriamo una donna, il nostro cervello ci rimanda tutta una serie di informazioni sulla donna, per es. che le donne sono fragili e sensibili, che amano i bambini e la famiglia, che amano il rosa, i fiori, ecc… potrei stare qui delle ore ad elencare tutte le caratteristiche che le donne dovrebbero avere, secondo lo stereotipo “donna”. Questo modo di elaborare informazioni, ci evita di acquisire tutta una serie di informazioni sul singolo, ma ovviamente ha il suo risvolto della medaglia, ossia ci fornisce una visione falsata, distorta delle persone e delle cose, perché i parametri che abbiamo nel nostro database sono artificiosi e limitanti e tendono solo a fornirci una visione povera e annebbiata della realtà.

Lo stereotipo ci limita nella percezione della realtà e blocca ogni forma di immaginazione.

Come liberarci dallo stereotipo

Liberarci dagli stereotipi è arduo ma possibile. Potremmo cominciare disattivando la “modalità risparmio energetico” e pensando! Pensando liberamente, senza pregiudizi. Potremmo sviluppare la capacità di entrare in contatto con “la persona” e non con una categoria astratta (la donna, l’uomo, l’immigrato, l’omosessuale ecc…). La curiosità è un ottimo alleato del pensiero libero e creativo. Aver voglia di scoprire chi è davvero quella persona, quali sono i suoi gusti, le sue aspirazioni, ci aiuta a liberarci dalla zavorra dello stereotipo.

Il titolo di questo articolo recita “Riprendiamoci l’arcobaleno”. Questo messaggio vuol essere un’esortazione a scegliere fuori dagli stereotipi. Per troppo tempo ci hanno insegnato che esistono colori da maschio e colori da femmina. L’utilizzo dei colori in base al genere di appartenenza è il primo grande stereotipo con cui ci confrontiamo sin dalla nascita. Riprendiamoci l’arcobaleno vuol essere un inno alla libertà individuale, all’agire al di fuori delle definizioni di genere, seguendo soltanto le proprie inclinazioni, assecondando le proprie emozioni. Ognuno di noi è una persona con le proprie peculiarità. Con ciò infatti, non si vogliono annullare le differenze. Esse esistono e vanno valorizzate, ma non possono essere attribuite all’appartenenza ad una categoria piuttosto che un’altra, sono legate al fatto che esiste un “io” e un “tu”. Quindi, rompiamo questi schemi e insegniamo ai nostri figli che i colori sono di tutti! E che ciascuno può sentirsi libero di scegliere a prescindere da ciò che la società vorrebbe per lui. Addio etichette, benvenute persone!