Riprendiamoci l’arcobaleno!

Oggi voglio affrontare un argomento che mi sta molto a cuore: gli stereotipi. Da poco si è festeggiata la ricorrenza della Festa della Donna, sulla cui origine ci sarebbero diverse teorie. La più diffusa in Italia, farebbe risalire la nascita di questa celebrazione ad un episodio di cronaca avvenuto nella seconda metà del 1800; l’incendio di una fabbrica, nel quale morirono centinaia di operaie costrette all’interno da un padrone despota e autoritario.

Quale sia la vera origine, e quale sia la vostra posizione in merito, vorrei partire da questo spunto per parlarvi di stereotipi, e nello specifico stereotipi di genere.

Cos’è uno stereotipo?

Se non abbiamo le idee chiare sull’argomento potremmo cercare nel dizionario.

Il dizionario ci suggerirebbe che con stereotipo si intende un modello convenzionale di atteggiamento o opinione precostituita, generalizzata e semplicistica, che si ripete in forma meccanica e non si fonda sulla valutazione dei singoli casi.

Io la definirei una scorciatoia del pensiero. Ci allevia dalla fatica di elaborare tutta una serie di informazioni che dovremmo acquisire nell’incontro con una persona nuova. Per usare un’analogia con l’informatica, lo stereotipo è per la mente la modalità “risparmio energetico”.

Immaginiamo il nostro cervello come un computer che deve elaborare informazioni che provengono dall’esterno, come un data base suddiviso in tante caselle. Ogni casella corrisponde ad una categoria. Le categorie sono numerose e vengono create per inserire tutto ciò con cui entriamo in contatto. Ad ogni categoria attribuiamo delle caratteristiche che supponiamo il soggetto debba avere. Per esempio, quando incontriamo una donna, il nostro cervello ci rimanda tutta una serie di informazioni sulla donna, per es. che le donne sono fragili e sensibili, che amano i bambini e la famiglia, che amano il rosa, i fiori, ecc… potrei stare qui delle ore ad elencare tutte le caratteristiche che le donne dovrebbero avere, secondo lo stereotipo “donna”. Questo modo di elaborare informazioni, ci evita di acquisire tutta una serie di informazioni sul singolo, ma ovviamente ha il suo risvolto della medaglia, ossia ci fornisce una visione falsata, distorta delle persone e delle cose, perché i parametri che abbiamo nel nostro database sono artificiosi e limitanti e tendono solo a fornirci una visione povera e annebbiata della realtà.

Lo stereotipo ci limita nella percezione della realtà e blocca ogni forma di immaginazione.

Come liberarci dallo stereotipo

Liberarci dagli stereotipi è arduo ma possibile. Potremmo cominciare disattivando la “modalità risparmio energetico” e pensando! Pensando liberamente, senza pregiudizi. Potremmo sviluppare la capacità di entrare in contatto con “la persona” e non con una categoria astratta (la donna, l’uomo, l’immigrato, l’omosessuale ecc…). La curiosità è un ottimo alleato del pensiero libero e creativo. Aver voglia di scoprire chi è davvero quella persona, quali sono i suoi gusti, le sue aspirazioni, ci aiuta a liberarci dalla zavorra dello stereotipo.

Il titolo di questo articolo recita “Riprendiamoci l’arcobaleno”. Questo messaggio vuol essere un’esortazione a scegliere fuori dagli stereotipi. Per troppo tempo ci hanno insegnato che esistono colori da maschio e colori da femmina. L’utilizzo dei colori in base al genere di appartenenza è il primo grande stereotipo con cui ci confrontiamo sin dalla nascita. Riprendiamoci l’arcobaleno vuol essere un inno alla libertà individuale, all’agire al di fuori delle definizioni di genere, seguendo soltanto le proprie inclinazioni, assecondando le proprie emozioni. Ognuno di noi è una persona con le proprie peculiarità. Con ciò infatti, non si vogliono annullare le differenze. Esse esistono e vanno valorizzate, ma non possono essere attribuite all’appartenenza ad una categoria piuttosto che un’altra, sono legate al fatto che esiste un “io” e un “tu”. Quindi, rompiamo questi schemi e insegniamo ai nostri figli che i colori sono di tutti! E che ciascuno può sentirsi libero di scegliere a prescindere da ciò che la società vorrebbe per lui. Addio etichette, benvenute persone!